lunedì 25 marzo 2013

"Alla luna" di Giacomo Leopardi

parafrasi e commento di Mattia S.



O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l'anno, sovra questo colle
Io venia pien d'angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, ne cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l'etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria e il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l'affanno duri!

O leggiadra luna, ricordo che un anno fa, sopra questo colle venivo pieno di inquietudine per guardarti: e tu eri sospesa su quella radura come adesso, illuminandola tutta. Il tuo volto appariva annebbiato e tremolante per via del pianto che mi bagnava gli occhi perché difficoltosa era la mia vita: ed è così tuttora e non cambia forma o mia amata luna. Eppure mi aiuta ricordare e annoverare l'epoca della mia sofferenza. Oh quanto è gradito nella giovinezza, quando ancora è tanta la speranza e breve il corso della memoria, ricordare le cose passate, anche se dolorose, e le sofferenze durino ancora.

"Alla luna" è un idillio del poeta recanatese Giacomo Leopardi, composto nel 1820. Il componimento è costituito da un'unica strofa di 16 endecasillabi sciolti spesso collegati fra loro da enjambement e da numerose allitterazioni che fanno risaltare il rapporto fonico tra le parole.
Temi fondamentali sono: la dimensione memorialistica del ricordo, della 'rimembranza', e quello della natura. Il poeta, dal colle che si protende verso la luna, può abbracciare il creato e accorciare quella distanza tra finito-infinito, che caratterizza molti dei suoi componimenti. Come quel 'ermo colle' della poesia "L'infinito", questo è il luogo della solitudine, il colle solitario su cui il poeta può ritirarsi per riflettere. Anche qui, al cospetto della luna, si abbandona all'enumerazione dei dolori che lo affliggono. Il presente è gravido di angoscia e proprio ricordare il passato e soprattutto la giovinezza, ha una funzione capace di lenire parte di queste sofferenze che il poeta prova. La luna, vista dagli occhi annebbiati del poeta, assolve ad una funzione maieutica, capace di far 'rimembrar' al poeta la speranza che lo scorrere degli anni minaccia di far sprofondare nell'oblio. La luna, eletta a madre benevola, rischiara e illumina la 'selva' buia, il luogo che (come nella Commedia di Dante) viene eletto a tòpos di perdizione, di smarrimento e di sofferenza.


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